martedì 16 agosto 2011

Piero


Marco: parlami ora di questo uomo, mi hai detto che era un po’ particolare, aveva un carattere molto ostico…

Jocelyn: l’ho conosciuto sul mio posto di lavoro in Piazza Campanella. Lui ci veniva sempre e mi diceva: “che lavoro fai, devi smettere, devi denunciare la tua magnaccia..” e io: “non posso denunciarla, perché sarà un casino per me e per la mia famiglia”. Fatto sta che dopo un po’ siamo andati a scopare e lui mi ha pagato.
        In seguito siamo diventati amici. In genere quando faccio sesso a pagamento è difficile che possa poi innamorarmi di quella persona, mentre per lui è stato diverso, si è molto attaccato a me. Capitava che lo chiamavo a tutte le ore della notte per portarmi a casa, e lui veniva.

Marco: ma è vero o no che questo Piero aveva avuto una relazione con una ragazza africana…

Jocelyn: è vero, mi parlava di questa sua relazione che è durata quattro anni, però non ho mai capito perché fosse finita. Immagino io perché era un tipo musone, non rideva mai, incazzoso ogni oltre misura. Un uomo per niente felice. Era divorziato da oltre dieci anni con un figlio di nome Fabio. Aveva una officina per riparare macchine agricole e camion a Venaria dove abitava.
        Era piuttosto trasandato e pure sporco. Ogni tanto andavo a casa sua per fargli la barba, pulirlo e fargli un po’ di manicure.
        Era il classico uomo che con i soldi pensava di “acquistare” l’amore di una persona. Era di una gelosia da impazzire: non mi voleva vedere con Marian, neanche con altri miei amici. Io gli dicevo: “tu non mi vuoi vedere con altre persone, io dovrei stare solo con te. Ma tu sei sempre triste. Con te non si scherza mai, io rischio di non stare bene con te, sei sempre come un cane arrabbiato”.
        Ad un certo punto lui ha iniziato a parlare di matrimonio, al che io ho aguzzato le orecchie perché avevo voglia di finirla con la vita da prostituta. Però ho voluto essere la più chiara e sincera con lui. “Io ci sto a sposarmi con te, però non pensare che sia per amore. Se tu lo vuoi, lo devi fare per darmi una mano, per togliermi dalla strada e dalla clandestinità”.
Era un tipo molto arrogante e prepotente. Mai una parola gentile nei miei confronti, solo parolacce e qualche volta mi dava della puttana o insultava i miei genitori.
Era il 4 gennaio 2007, lui mi telefona perché voleva vedermi. Io gli dico di aspettarmi sotto casa. Per via del nostro “african times” ritardo di alcuni  minuti e lui non c’è più. Il giorno 7 sono al Bingo e un mio amico bianco che lo conosceva mi dice che Piero è morto in un incidente sul lavoro, schiacciato sul petto da una pala meccanica di un trattore agricolo. Io sul momento non ci credo. Lui mi fa vedere la foto sul giornale che riporta l’incidente. Io comincio a piangere.

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