lunedì 15 agosto 2011

Il mondo di Jocelyn in Nigeria


Marco: vorrei ora che tu mi parlassi del tuo mondo in Nigeria, dei tuoi amici, amiche, della scuola, dei tuoi amori, del sesso, del divertimento…

Jocelyn: i miei amici erano quasi tutti delle femmine, poche. Mio padre finiva il lavoro verso le quattro del pomeriggio e voleva che a quell’ora tutti i figli (salvo quelli che lavoravano) fossero a casa con lui, se no era un po’ un casino. Non avevamo amici che per esempio ci venissero a trovare, non ci faceva uscire facilmente. Era un tipo molto severo. A casa voleva che tutti avessero un libro di scuola tra le mani. Io avevo solo due amiche, Adesuwa che però abitava lontano da casa mia e un’altra, Florence che invece abitava vicino alla nostra casa. Inoltre avevo un amico Osaro che era l’unico che mio padre voleva che venisse a trovarmi perché lo riteneva bravo e col quale quando veniva a casa mia insieme facevamo i compiti e leggevamo i libri di scuola. Però poi l’ho perso di vista quando siamo cresciuti, a differenza di Florence.
        Stiamo parlando di quando avevo 14, 15 anni. Devo dire che la mia vita di allora non era particolarmente divertente.

Marco: parlami della scuola…

Jocelyn: grosso modo il numero di studenti nella mia classe era di circa 30 persone. I professori erano quasi sempre presenti. La “primary school” si chiamava Uvi Primary School ed era solo per le femmine. Mentre alla “secondary school” ho avuto l’occasione di frequentare prima una scuola religiosa (cattolica) italiana: Santa Maria Goretti e poi Idia College – facevo anche un po’ di sport, correvo la corsa veloce: i 100 metri.

Marco: parlami ora dei tuoi primi amori, del divertimento…

Jocelyn: vuoi che ti parli del divertimento… ho detto prima che mio padre ci sorvegliava ed era molto severo, però verso la fine della secondaria allentò la sorveglianza. Alla fine della secondaria c’era uno che mi “filava”, si chiamava Orobosa. Un giorno tornavo a casa da una mia amica che aveva i miei soldi che dovevo usare per fare un esame, il GCE, quando lungo la strada trovo un gruppo di ragazzi e ragazze che conoscevo, una ragazza mi viene vicino e mi dice che uno di quei ragazzi vuole conoscermi. Io ero arrabbiata per via dei soldi che la mia amica non mi aveva dato e gli dico: “se lui vuole conoscermi sarà bene che venga lui da me”. Allora il tipo si è avvicinato e ha cominciato a parlare. Orobosa era un bel ragazzo. Ma sul momento io avevo altro per la testa.
        Volevo andare a Lagos a casa del fratello di mia madre per poter continuare gli studi, il mio obiettivo era: diventare avvocato. In famiglia le cose non andavano più molto bene. Mancavano i soldi per finire il mese.
Orobosa era un bel ragazzo. Mi piaceva. Però alla sua proposta di trovarci sul momento dissi di nò. Un giorno mentre andavo a casa di una mia amica, Lawrenta, per fargli i capelli lo trovo, non sapevo che lui abitava vicino a questa mia amica. Fatto sta che ad un certo punto ci vediamo e io scappo veloce verso la mia casa mentre lui mi corre dietro e mi raggiunge ridendo, inizia a parlare e poi mi invita a casa sua dove mi offre una Coca Cola. Io ero tutta contenta perché dalle mie parti non è di tutti i giorni bere la Coca Cola. E abbiamo iniziato a frequentarci. E così quel giorno non sono andata a fare i capelli alla mia amica Lawrenta.
Avevo quasi 18 anni. Era il mese di dicembre.
Cominciai a frequentare Orobosa. Una sera (era quasi notte) in un posto tranquillo mi chiese se gli davo un bacio. Io: “non ho mai baciato nessuno”, gli dissi. Lui non voleva credermi perché io ero una ragazza che andava vestita in maniera carina (utilizzavo i vestiti delle mie sorelle maggiori), quel tanto che la gente del mio quartiere pensava che io fossi già fidanzata. E così lo baciai.
Un giorno di festa Orobosa mi viene a trovare e mi porta ad una festa in casa di amici. Mi sono divertita molto. Poi ad un certo punto Orobosa mi ha portato in una camera e abbiamo fatto all’amore. Era la prima volta per me, ero un po’ triste perché avevo perso la mia verginità e al tempo stesso ho sentito male, così come per la seconda volta in altra occasione.

Marco: prima mi hai detto che volevi andare a Lagos per continuare la scuola…

Jocelyn: infatti, la mia relazione con Orobosa non fu poi così lunga, dopo non molti giorni partii per Lagos. Avevo l’indirizzo e al tempo stesso un po’ di paura di perdermi in quella città grandissima e piena di pericoli. L’indirizzo della casa di mio zio me lo aveva spedito una mia sorella che al momento abitava con lui per via degli studi, mio padre mi aveva dato solo i soldi per l’esame.
Il viaggio in pulmino durò due ore e mezza circa. Arrivai a Okoko, che è un quartiere di Lagos. Era di domenica, meno male che dal pulmino alla casa di mio zio dove abitava anche mia sorella, c’era un autobus che si fermava proprio davanti alla loro casa. Arrivai, ma non trovai nessuno in quanto loro erano in chiesa, era di Domenica. Come arriva mia sorella, sorpresa, mi chiese chi mi avesse portata fino a Lagos. “Da sola, ho l’indirizzo”, risposi.
Comunque mia sorella era molto contenta di vedermi perché era molto tempo che non ci vedevamo. Poi con mio zio avevo legato molto, in quanto lui mi voleva bene come ad una figlia. Nel periodo di mia permanenza a Lagos facevo GCE e JAMB due esami, uno per il diploma e l’altro per entrare all’università al primo livello.
        Durante la mia permanenza a Lagos (circa due anni) ci furono degli episodi di violenza con le armi, da parte di bande di uomini tra cui molti ragazzi che di notte andavano a rubare nelle case degli abitanti. Pensa che c’erano dei giorni che andavamo a scuola e vedevamo dei morti per terra.
 Intanto io sentivo la mancanza del mio Orobosa, specie il giorno di S. Valentino quando tutte le ragazze parlano del loro fidanzato, e allora cosa ho fatto: mi sono fatto una bella foto, l’ho messa su un calendario, l’ho data a mia sorella che tornava a Benin City per trovare la famiglia e gli ho detto di darla alla mia amica Florence perché a sua volta lei la recapitasse ad Orobosa.
Dopo qualche mese le bande di ladri una notte vennero nel nostro quartiere e hanno iniziato a sparare con le pistole. Erano, per fortuna nostra, nelle case di fronte alle nostre. Lo zio, mia sorella ed io, avevamo paura, per due motivi: primo per i soldi che aveva portato a casa quella sera mio zio. Erano parecchi, ma lui ci diceva che era pure disponibile a darli ai ladri basta che questi ci lasciassero stare e questo era il secondo motivo molto più serio in quanto lui temeva che i delinquenti ci usassero violenza.
Al mattino presto, però, una parte dei derubati più altri abitanti del quartiere, si fecero coraggio e fecero dei prigionieri, fermando le macchine, pullman e perquisendo i viaggiatori per prendere coloro che avevano delle armi. Fatto sta che ne beccarono sette. Mio zio ad un certo punto parla con uno di questi ragazzi e gli chiede perché vanno a rubare…

Marco: ma la polizia….

Jocelyn: ma che polizia e polizia… di notte non si fanno vedere e molte volte neanche di giorno… hanno paura. Fatto sta che li beccano, li uccidono, li ammucchiano, li spargono addosso la benzina e li bruciano. Poi arriva la polizia che si rifiuta di portarli via e incita invece nel bruciarli. Per un periodo di tempo abbiamo dovuto andare via da quella zona perché la puzza era troppa.

Marco: a Lagos che vita facevi, oltre ad andare a scuola..

Jocelyn: in pratica ero quasi sempre in compagnia di mio zio e di mia sorella. Anche quando andavo al mare. A scuola mi portava mio zio alle 8.30 e uscivo alle 2 del pomeriggio. Mi piaceva che mi portasse in macchina.
Ma pensa te. Questa era la vita a Lagos che poi ho saputo che è tra le città più pericolose al mondo.
        Comunque alla fin fine riesco a fare l’esame e me ne ritorno a casa a Benin City.

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