lunedì 15 agosto 2011

I problemi


Marco: parliamo ora dei vari problemi che ha una ragazza come te, da poco arrivata in Italia e che fa la prostituta…

Jocelyn: l’affitto della casa dove abitavo con Elisabeth costava 350 € e io ne pagavo 250 più altri, dai 50 ai 100 € ogni sabato per fare la spesa, più la luce, ecc. e in più la mazzata finale quando mi ha detto che io per tornare libera gli dovevo 45.000 €. Al che io gli ho detto che non erano quelli i patti che io sapevo quando ero partita da Benin City. “Non è vero, tu lo sapevi”, mi diceva “e comunque questi sono i soldi che tu mi devi, al massimo se sei puntuale ti posso fare uno sconto di 5.000 €. Anch’io ho dovuto pagare”, mi diceva come un cane arrabbiato. Aveva avuto un’altra ragazza di nome Deborah la quale però se ne era andata perché Elisabeth la trattava male. Io l’ho conosciuta perché ha lavorato per un po’ all’Iveco.
        All’Iveco mi è capitato un incidente. Sentivo un rumore di una macchina che non andava. Ho preso il sacchetto dove tenevo i “guanti” e i fazzoletti di carta e ho fatto per attraversare la strada… e mi sono svegliata in ospedale.
        Che è successo, chiedevo al dottore. Avevo ancora la faccia truccata e vestita da prostituta e mi vergognavo. Sono stata in Ospedale un paio di giorni, meno male che i medici non hanno chiamato la polizia, Elisabeth mi stava cercando convinta che fossi scappata. Al mio ritorno a casa si è dovuta convincere del contrario perché portavo ancora i segni dell’incidente che mi era occorso con il camion che mi aveva investita, sulle gambe e su una mano. Io l’unico ricordo che ho è quello che, sull’ambulanza, sento delle voci che mi dicono: “come ti chiami… auguri..”. quel tanto che quando poi sono ritornata all’Iveco ho visto la macchina che aveva fatto l’incidente con il camion, ancora tutta schiacciata. In pratica ero stata coinvolta in un incidente tra una macchina e un camion.

Marco: ma tu avevi la possibilità di uscire di casa nei pur brevi periodi in cui non eri al lavoro…

Jocelyn: macchè!, lei non voleva che io uscissi, non voleva che io conoscessi altre persone. Non mi comperava mai niente, nessun vestito, niente… d’altra parte non avevo neanche il tempo.
Ti faccio la cronistoria di una giornata tipo, allora: verso le nove di sera occorre prepararsi, prendere il pullman che porta vicino all’Iveco dove rimango fino a quasi alle cinque del mattino. Quindi arrivo a casa dove mi corico per più di un’oretta e quindi devo andare a prendere il “pullman blu” che mi porta a San Giorgio, dove rimango fino a sera – e via da capo.
Ero sempre piena di sonno. Cosa faceva Elisabeth: metteva il mangiare che lei cucinava in frigorifero, per cui nel breve tempo che io ero in casa non c’era il tempo per riscaldarlo.
Mangiavo pochissimo, meno male che vicino alla stazione dove prendevo il pullman c’era sempre una nera come me che veniva per vendere i contenitori di riso e così io mi sfamavo. Elisabeth mi diceva che se no ingrassavo e allora avrei perso i clienti. Di fronte alle mie richieste: “ci sarà tempo, mi diceva. Adesso pensa a lavorare e a guadagnare soldi”.
Dovevo fare tutto di nascosto, nel tempo che andavo a lavorare, esempio: telefonare alla mia famiglia in Africa, fare un giro per il mercato, ecc. Una volta ho spedito 50 € alla mia famiglia e ho conservato il tagliando di spedizione. Fatto sta che a casa Elisabeth non me lo vede, apriti cielo. Ha iniziato un casino che per togliermelo ho dovuto raccontargli che non era per me, ma per una mia amica che lavorava vicino a me a San Giorgio. Cosa ha fatto lei? È venuta a San Giorgio anche lei e ha piantato un casino del demonio con questa ragazza.
Ti racconto un ulteriore episodio per farti capire come mi trattava. Sai che noi africane mangiamo con le mani, bene, pretendeva che io mi inginocchiassi davanti a lei e le porgessi l’acqua per lavarsi le mani. Quel tanto che un giorno è venuta a trovarmi Deborah (la ragazza che era stata con Elisabeth prima di me e che se ne era andata). In casa mi aveva visto fare il “rito” dell’acqua con Elisabeth. Mi aveva preso in disparte e incazzata mi aveva detto che lei si era rifiutata di farlo, che non lo aveva mai fatto neanche per suo padre, e che non era giusto che io continuassi.
        Elisabeth era una ragazza particolarmente cattiva. Se tornavo senza soldi era capace di non farmi entrare in casa, come quel giorno che sul lavoro mi hanno rubato la borsa e quindi sono tornata a casa senza soldi e senza chiavi, l’ho chiamata da fuori la porta per farmi entrare e lei: “vai a recuperare le chiavi” così io ho dovuto dormire nell’androne delle scale. Faceva un freddo boia. Era di Dicembre ed aveva nevicato.
        Ovvero come quel giorno che arrivo a casa con un bel gruzzolo di soldi guadagnati: 500 €. Ero particolarmente contenta perché pensavo che Elisabeth, dopo averli dati a lei, mi lasciasse tranquilla. Invece niente. Avevo una gonna da lavare. Vado in bagno, erano circa le nove di sera e dovevo prepararmi per andare al lavoro. Lei esce dalla camera e comincia ad inveire contro di me, dicendomi che non dovevo fare rumore perché se no i vicini avrebbero protestato con il rischio per lei di perdere la casa. Al che io esasperata mi incazzo e iniziamo a litigare. Alla fine della fiera viene fuori che abbiamo litigato tutta la notte fino alle quattro del mattino.
        Ed è da questo episodio in poi che ho cominciato a prendere più coraggio con Elisabeth. Non volevo più essere succube di lei. Quel tanto che in altra occasione gli dico pure che non ho nessuna paura di lei e di ciò che lei possa fare alla mia famiglia.
Ho saputo poi dopo, da mio padre, che un giorno ha avuto la visita di alcune persone che intendevano minacciarlo, ma lui mi ha detto che ad un certo punto della discussione ha detto loro della sua professione di poliziotto e ha fatto vedere una sorta di “machete” che teneva in casa. Al che i suoi interlocutori se ne sono andati con più mestizia di quanto erano arrivati e non si sono più fatti rivedere.

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